martedì, Novembre 19, 2024

Trova 161 milioni di lire che non può più convertire in euro. La bufala della settimana

**LA BUFALA DI LORENZO P. E I 161 MILIONI DI LIRE**

Chapeau, per una volta, a chi ha dispensato la bufala di cui vi parleremo oggi. Chapeau e anche una certa gratitudine: ci ritroviamo quasi sempre a esporvi fake news davvero di basso profilo, oppure frottole ormai diventate leggende metropolitane, che di tanto in tanto tornano a ravvivare le nostre giornate. Stavolta, invece, abbiamo per le mani materiale narrativo di buona scelta.

**LA “NOTIZIA”**

Senza citarle, possiamo dirvi che molte delle principali testate nazionali ci sono cascate (lasciamo alle vostre ricerche scoprire quali).

Perché la storia, in effetti, aveva tutta l’apparenza di essere credibile. Quale storia? Quella di un uomo di Sondrio, tale Lorenzo P., che sotto il divano della nonna avrebbe trovato ben 161 milioni di lire. Gran bel colpo! A quel punto sarebbe bastato convertire le lire in euro. E se è vero che un euro equivaleva a 1.936,27 lire (ah, quanti ricordi…), il signor Lorenzo, cinquantatreenne impiegato precario in un call center, si sarebbe intascato 83.149,561 euro. Se non che…

**LA “BEFFA” E LA RICHIESTA DI AIUTO A GIUSTITALIA**

Se non che, le lire in euro non le converte più nessuno, nemmeno la Banca d’Italia. Le vecchie lire, ahinoi, sono cadute in prescrizione.

Lorenzo, allora, si sarebbe rivolto a GiustItalia. Che ha fatto sapere alla stampa di ricevere svariate richieste di aiuto simile. E di essere di fronte a un’ambiguità legislativa. Da un lato c’è il punto di vista di Bankitalia, secondo cui dieci anni dopo la dismissione di una moneta (la lira è circolata sino al 28 febbraio 2002) non è più possibile cambiarla con una valuta in corso.

Dall’altro, dicono gli avvocati di GiustItalia, c’è l’articolo 2935 del Codice civile. Secondo cui “la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.” Ossia, nel caso di Lorenzo P., dal giorno del ritrovamento del denaro. Quindi?

**I SOSPETTI**

Quindi, la mancata conversione delle lire in euro era tutta una bufala. Andiamo con ordine.

Prima di svelare il finale, possiamo dire che – per quanto ben confezionata – la fake news conteneva almeno tre elementi sospetti. Il primo: contorni narrativi un po’ troppo romanzeschi. La buona nonnina che nasconde il denaro sotto il divano, all’antica maniera. Il nipote (lavoratore precario, particolare utile a creare una certa immedesimazione ed empatia) che ritrova la somma. Infine, la beffa dello Stato nemico che impedisce il lieto fine.

Secondo indizio: il sito di GiustItalia, a dir poco scarno (e non aggiornato).

Terzo: anche in questo caso, la ciclicità di Notizie simili. Persone che nei mesi scorsi hanno ritrovato piccoli bottini in lire negli angoli più riposti di casa. E tutti, stranamente, si sono rivolti a GiustItalia.

**LA FAKE NEWS**

A sbugiardare la fake news hanno pensato i colleghi del Corriere della Sera, che hanno fatto la cosa più sensata: hanno alzato la cornetta e chiamato gli avvocati di GiustItalia. E lo hanno fatto dopo una breve indagine che ha destato non pochi dubbi: nella presunta sede dell’azienda nessuno conosce GiustItalia, non ci sono Immagini dei cittadini che si sono rivolti a loro, e anche di uno dei due soci non c’è la minima traccia in rete.

Incalzato dal Corriere, insomma, il presidente di GiustItalia, l’avvocato Francesco Di Giovanni, alla fine ha dovuto ammetterlo: “Quell’articolo è una frottola.”

E, proseguendo con il virgolettato del Corriere della Sera, Di Giovanni ha aggiunto: “Non è stata una scelta mia, ma di un’altra persona, un collega del foro di Tivoli, al quale ho detto almeno venti volte di non farlo. Lu ha insistito. Glielo dirò per la ventunesima. Io ero contrario e non ho scritto nulla. Sto cercando di rimediare alla figuraccia”.

**PERCHÉ UNA SIMILE BUFALA?**

Quella della mancata conversione dei 161 milioni di lire in euro era dunque una bufala. Ci associamo tuttavia al Corriere nella domanda che chiude l’articolo del quotidiano di via Solferino: per quale tornaconto diffondere una simile falsa notizia?

Per dare un’effimera notorietà a un’azienda forse fantasma? Per puro gusto della burla? Per volontà di gettare discredito sulla Banca d’Italia? Una volta tanto, cari lettori, ci arrendiamo.

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