venerdì, Dicembre 20, 2024

Indika: la promettente avventura horror nella Russia del XIX secolo

INDIKA: LA BREVE DEMO DEL GIOCO HORROR RUSSO DEL 19° SECOLO

La breve demo di Indika, pubblicata su Steam da 11 Bit Studios e ora disponibile per tutti, è un antipasto promettente dell’avventura horror ambientata nella Russia del diciannovesimo secolo. In una trentina di minuti di prova abbiamo solo potuto scalfire la sua superficie ludica e incontrare i protagonisti, familiarizzando con i toni unici della narrazione ispirati dai romanzi di Dostoevskij e Bulgakov. A volte divertiti, a volte confusi ci siamo lasciati avvolgere da un’atmosfera sempre più opprimente, in cui dialoghi e monologhi alternano discorsi e concetti filosofici esistenziali e universali, ad altri introspettivi e personali.

IL DIAVOLO TI STA PARLANDO

Il materiale della prova è troppo scarno per dare giudizi sulla validità dell’intreccio, perciò ci limitiamo a soffermarci sul poco che sappiamo. Indika è, oltre al titolo del gioco, il nome della sua protagonista: una giovane suora russa che all’improvviso inizia a sentir parlare il Demonio nella testa. Non è ancora chiaro come o perché sia nata questa connessione tra i due, dato che la Demo non ci è sembrata partire dal principio del racconto.

Sappiamo solo che il Diavolo le parla con voce suadente e non disdegna il black humor, ma a dirla tutta pone spesso motivazioni più che valide a supporto di ogni sua “tentazione”. Un po’ come se fosse una forma contorta di “coscienza”, la voce della ragione oltre la cieca fede nella provvidenza divina. Nella Demo è presente anche un terzo personaggio, un fuggitivo. Non sappiamo niente di lui, solo che pare aver inizialmente usato Indika come ostaggio per sfuggire alla detenzione.

COME LA SUORA È UN CREDENTE ORTODOSSO CONVINTO

Come la suora è un credente ortodosso convinto e vuole raggiungere il “Kudets”: un tempio dove si dice vengano curate tutte le malattie e le “afflizioni dell’anima”. Per questo i due hanno probabilmente avuto modo di parlare e alla fine hanno fatto persino “amicizia”. Indika, infatti, assiste l’uomo con cura medicandogli il braccio sinistro, rimasto atrofizzato a causa del freddo o per colpa di una malattia. Sembra anche intenzionata ad accompagnarlo verso la sua meta finale, forse in cerca di qualcuno capace di liberarla dalla stretta di Lucifero.

UN BUON COMPARTO TECNICO

Abbiamo camminato solo in due aree differenti: l’esterno innevato di una casupola abbandonata (abitata solo da un inquietante pupazzo steso su un letto) e l’interno di una ex fabbrica di vernice. Il level design di entrambe è piuttosto lineare ma l’estetica è azzeccata e, soprattutto, abbiamo notato varie chicche che impreziosiscono la messa in scena. Per esempio, le impronte sulla neve della protagonista non svaniscono col tempo, e sono parecchio credibili.

ANIMAZIONI DEI PERSONAGGI UN PO’ RIGIDE

Anche il sistema di illuminazione funziona bene e contribuisce a creare la giusta suspense negli spazi chiusi. In generale, tutto l’impianto tecnico è di buon livello, realistico e convincente. Peccato che le animazioni dei personaggi siano un po’ rigide e a volte mal collegate fra loro. Lo abbiamo notato soprattutto durante due scene “di inseguimento” più concitate, mentre avevamo alle calcagna un mostruoso cane selvatico e dovevamo zigzagare tra scatoloni e assi di legno marce, arrampicarci, poi saltare giù da piccole alture senza mai fermarci. I movimenti dell’animale in particolare erano tutt’altro che convincenti, troppo lenti e legnosi sia quando ci inseguiva che quando è riuscito ad azzannare la suora. Le cutscene sono invece molto più fluide e ci sono parse tutte ben realizzate, con modelli dettagliati ed espressioni del volto convincenti. Oltretutto sono caratterizzate da una regia molto curata che sfrutta inquadrature peculiari, come primissimi piani contrapposti a improvvisi allargamenti di campo, o lenti fisheye e deformanti varie.

MENZIONE D’ONORE PER LA COLONNA SONORA

Menzione d’onore per la colonna sonora, che non fatichiamo a definire “sperimentale”. Al posto dei classici toni cupi degli horror, Indika usa sonorità squillanti, tromboni e trombette, sintetizzatori e altri strumenti elettronici. Al principio possono sembrare stranianti, quasi comici, ma contrapposti con ciò che accade a schermo diventano sempre più inquietanti.

GAMEPLAY ESSENZIALE

Sul fronte ludico, abbiamo sempre controllato Indika in terza persona, esplorando piccole aree con porte serrate, finestre da scavalcare ed enigmi ambientali da sciogliere per proseguire. A volte si deve spostare un supporto (una scala, uno scatolone ecc.) nel punto giusto per salire da qualche parte, o cercare un oggetto chiave da inserire in una serratura. A un certo punto abbiamo anche dovuto mantenere Indika in equilibrio su di un’asse molto stretta. Nessuna di queste attività è mai stata davvero impegnativa.

FRANGENTI DI NARRATIVA E GAMEPLAY EFFICACI

Trovare un elemento interattivo legato alla prosecuzione della trama o un oggetto di natura folkloristica porta ad accumulare un punteggio esperienza. Si può persino avanzare in un mini albero esclusivamente dedicato a questo valore numerico: ogni nodo sbloccabile, infatti, può aumentare i punti di un tot fisso istantaneamente, o incrementarne la quantità guadagnata a ogni futura scoperta con un moltiplicatore. Questi punti si potranno impiegare in qualche modo specifico? È una domanda a cui non possiamo ancora rispondere. Il gameplay si è fatto più intenso solo in un paio di occasioni: durante gli inseguimenti citati e quando il Diavolo ha avuto la meglio su Indika. Dopo un monologo interiore abbastanza complesso la suora ha avuto una sorta di strana “visione”. La stanza dove si trovava si è spaccata in due, rivelando all’esterno un cielo rosso sangue: una strana e inquietante musichetta allegra, mischiata con la voce del Diavolo che gioiva per averci messo in difficoltà, ci ha sorpreso non poco. Pregando (in russo), Indika è però in grado di uscire dalla visione e tornare momentaneamente nel mondo reale. Questa sezione ha fuso narrativa e gameplay in modo efficace, per spingerci a ultimare un semplice puzzle. Per avanzare infatti abbiamo dovuto alternare “l’inferno” alla realtà, così da avvicinare o allontanare una serie di piattaforme poste in punti diversi nei due reami. Speriamo che il gioco completo possa vantare altri frangenti di questo tipo, per variegare l’esperienza al punto giusto e scongiurare l’ombra della ripetitività.

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