lunedì, Novembre 18, 2024

Huawei si stacca da linux: la nascita di HarmonyOS e l’accelerazione nel settore software

Huawei ABBRACCIA LA SUA INDIPENDENZA TECNOLOGICA

Prima i processori, ora il Software. Huawei si sta prendendo la sua rivincita, e dopo essere riuscita brillantemente a rimettere in pista la produzione di SoC per Smartphone, nonostante le restrizioni imposte dagli Usa, ha completato anche la transizione annunciata anni fa, quando ha deciso di creare un suo sistema operativo per portare la piena integrazione tra Hardware e software.

HarmonyOS è nato nel 2019 come fork di Android, ma nel corso del tempo Huawei ha sostituito ogni singolo pezzo con un componente scritto in casa. L’arrivo della nuova versione, definita HarmonyOS Next, segna lo strappo: l’ultimo elemento che restava del fork originario, quindi il kernel Linux alla base di Android, è stato sostituito da un kernel scritto direttamente da Huawei e ottimizzato per sfruttare al meglio le risorse hardware dei prodotti dell’azienda.

IL KERNEL “MADE IN CHINA”

Secondo il CEO Richard Yu questo kernel è tre volte più efficiente, sui prodotti Huawei, di quello monolitico linux usato fino ad oggi. Durante la conferenza stampa di presentazione del nuovo sistema operativo Yu non si è risparmiato una frecciata verso gli Usa: HarmonyOS non si appoggia ad alcuna Tecnologia americana, lasciando sottointendere che linux è un prodotto “made in Usa”.

LA SCIA DELLA COMPATIBILITÀ CON LE App ANDROID

L’annuncio di HarmonyOS Next non è molto rilevante per noi: siamo davanti ad un prodotto pensato per la Cina, paese dove Huawei sta crescendo ad un ritmo vertiginoso. Proprio per questo motivo, con HarmonyOS Next, l’azienda cinese si è presa anche il rischio di togliere la compatibilità con le app Android, quindi con gli APK, lasciando la sola compatibilità con le app native realizzate con gli strumenti e i framework del sistema stesso, app che hanno un formato diverso, HAP.

IL PASSO DA PIONIERE NEL SOFTWARE

Huawei è talmente forte, anche a livello di comunità di sviluppatori, che è oggi l’unica azienda cinese che può permettersi una mossa simile. Quello che però interessa noi è l’incredibile accelerazione che ha avuto Huawei in questi ultimi anni arrivando a coprire un ruolo primario in un ambito, quello dello sviluppo software, dove solitamente i cinesi, anche per barriere linguistiche, non sono mai stati al passo con i paesi occidentali. Negli ultimi anni, probabilmente con l’aiuto del machine learning e dei Large Language Model sempre più utili nello scrivere test e codici, Huawei ha praticamente cancellato ogni dipendenza da ogni linguaggio o framework occidentale.

LA STRAORDINARIA EVOLUZIONE TECNOLOGICA DI HUAWEI

Prendiamo ad esempio l’Intelligenza Artificiale: mentre in occidente abbiamo ChatGPT, Gemini e LLama, Huawei ha creato Pangu, un modello LLM che arriva anche a 100 miliardi di parametri, e per sostituire PyTorch e Tensorflow si è scritta il suo framework, Mindspore. Huawei in questi anni ha annunciato anche una intera suite di sviluppo, DevEco Studio e DevEco Testing, ha creato un linguaggio di Programmazione a basso livello che ricorda molto Swift nella logica (Cangjie) e ha anche annunciato ArkTS, un linguaggio basato su TypeScript che facilita la creazione di app per smartphone e Tablet integrandosi con ArkUI e ArkUI-X e con Ark Compiler.

LA NUOVA “Apple” CINESE

Insomma, Huawei ha sempre avuto l’obiettivo di diventare la “Apple” cinese e ora ci è finalmente riuscita: è totalmente indipendente dal punto di vista hardware e software. Con una sola differenza: la maggior parte dei quello che ha fatto lato software è open source, dal file System EROFS ai linguaggi di programmazione. Dove può arrivare Huawei non lo sappiamo, e non sappiamo nemmeno cosa succederà a livello europeo dove da qualche anno Huawei sta cercando di mantenere vivo il brand con notebook, auricolari e smartwatch sapendo però di non poter contare a pieno sugli smartphone. Quello che sappiamo è che tutti la davano per morta, ma è più viva di molte altre aziende che stanno soffrendo la crisi del settore.

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