HAROLD HALIBUT: IL GIOCO CHE RACCONTA LA STORIA DI UN AVATAR SEMPLICE MA AFFASCINANTE
Nel 2007, il “would you kindly?” di Bioshock generò un lungo dibattito sul rapporto che intercorre tra designer, avatar e giocatore. Spesso i titoli che affrontiamo sono strutturati in modo da darci l’illusione di star avendo un’influenza significativa sul loro mondo e sui personaggi che lo abitano; vedasi le opere Bethesda, la cui filosofia che fa da base al design di gioco ruota attorno proprio al concetto di libertà totale entro confini prestabiliti.
Espressioni come “fa’ ciò che vuoi” o “vai dove vuoi” sono entrate a far parte del registro comunicativo delle aziende, tanto da essere diventate, col tempo, asserzioni prive di reale significato; una serie di slogan pubblicitari la cui efficacia si è gradualmente esaurita. Harold Halibut è il tentativo di imbastire un discorso a partire proprio da questi temi, e di come i personaggi che controlliamo possano diventare ben di più che semplici avatar.
DOV’È CASA?
Circa duecento anni prima degli eventi di gioco, una multinazionale conosciuta col nome di All Water Corp. radunò un manipolo di esseri umani al fine di condurli nelle profondità dello spazio. L’obiettivo era semplice: trovare una nuova casa. Le condizioni in cui versava il pianeta Terra erano disastrose e l’instabilità geopolitica non faceva altro che peggiorare la situazione, motivo per cui bisognava trovare una soluzione fra le stelle.
Dopo anni di attesa, la nave FEDORA I individuò un pianeta potenzialmente abitabile, rendendosi conto solo durante l’atterraggio che il corpo celeste era composto esclusivamente d’acqua. La nave finì sul fondo dell’oceano, e così vi rimase per molto tempo. Intere generazioni nacquero e crebbero fra le pareti metalliche della FEDORA, nella speranza di poter un giorno rimettere piede sulla terraferma. Harold Halibut non è l’eroe videoludico a cui siamo abituati, né è in possesso di abilità particolari; è un assistente, un tuttofare per nulla carismatico capace solo di obbedire agli ordini.
È anche un sognatore, un individuo che vive nella speranza che domani sarà diverso da oggi e che tutto cambierà. La sua impacciatezza si riflette nei rapporti con l’altro, ma soprattutto nell’incapacità di affermare ciò che noi gli ordiniamo di dire durante i dialoghi a scelta multipla. Un’inadeguatezza soppesata dal suo spirito bonario e amichevole, qualità che gli vengono riconosciute da amici e conoscenti.
UNA CLASSICA AVVENTURA Grafica
Harold Halibut non si discosta molto dal suo genere di appartenenza: durante l’avventura, potremo esplorare le varie sezioni che compongono la FEDORA e interagire con i suoi abitanti, i quali ci affideranno compiti da svolgere. Le quest e i messaggi verranno annotati su un piccolo palmare, utile strumento sul quale troveremo tutte le informazioni di cui abbiamo bisogno.
Occasionalmente, ci verrà chiesto di interagire con dei macchinari o di prestare assistenza durante un esperimento, fasi interattive che, seppur presenti in numero limitato, risultano sempre ben contestualizzate all’interno della cornice narrativa. C’è da dire, però, che una loro maggior presenza avrebbe sicuramente giovato all’esperienza complessiva. Chi ha dimestichezza col genere si troverà di fronte a un titolo dalla struttura classica, dove a fare la differenza non è la quantità delle interazioni, ma la loro qualità.
Una gioia per gli occhi
Harold Halibut non è il primo gioco ad imitare la tecnica in stop motion, ma è certamente uno dei più riusciti: i personaggi e gli scenari sono stati prima fatti a mano, poi scannerizzati con una tecnica chiamata fotogrammetria e in seguito digitalizzati.
Ciò ha permesso a Slow Bros. di ottenere texture estremamente dettagliate, andando poi a lavorare sulla modellazione dei protagonisti e dei fondali. Il lavoro svolto dallo studio tedesco è encomiabile, e chissà che non ispiri modelli produttivi alternativi a quelli classici in futuro.
A brillare è anche il comparto audio: i brani appositamente realizzati per il gioco si distinguono per l’originalità dei suoni e non faticano a farsi ricordare, mentre quelli su licenza vengono utilizzati sempre al momento giusto, e non nascondiamo che alcune scelte sonore ci abbiano particolarmente sorpreso. La qualità del doppiaggio è ottima e la recitazione sopra le righe aggiunge carattere a un cast che già si distingue per rappresentazione psicologica ed estetica.
A tal proposito, segnaliamo che Harold Halibut non dispone di un adattamento in italiano, e che i testi in inglese potrebbero mettere in difficoltà chi conosce meno la lingua (per fortuna, la traduzione in italiano, stando a quanto riferito dal team, è attualmente in lavorazione). Per quanto riguarda l’ottimizzazione su PC, non abbiamo nulla di particolare da segnalare: abbiamo giocato a 60fps fissi in 1080p a dettagli alti con una 3060 Ti. Consigliamo, comunque, di provare a bloccare il frame rate a 30, così da avere l’illusione di star guardando effettivamente una sequenza in stop motion.