L’importanza del diritto all’oblio e la decisione di Google di non informare più i gestori dei siti Web sulla rimozione degli URL
Il cosiddetto diritto all’oblio è un principio legale che consente ai cittadini europei di richiedere la rimozione di informazioni personali obsolete, irrilevanti o non più pertinenti dai Motori di ricerca. Sancite dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel 2014, le disposizioni in materia di diritto all’oblio partono dal presupposto che ogni soggetto dovrebbe avere il controllo delle informazioni personali che riguardano la sua vita.
QUANDO È POSSIBILE ESERCITARE IL DIRITTO ALL’OBBLIO IN EUROPA
Gli individui hanno il diritto di richiedere la rimozione di link a pagine Web che contengono informazioni personali su di loro, se tali informazioni sono obsolete, inesatte, o non più pertinenti.
In alcuni casi, però, potrebbe prevalere l’interesse pubblico nel mantenere facilmente raggiungibili, attraverso i risultati dei motori di ricerca, quelle stesse informazioni. È un po’ un modo operativo inusuale perché il motore di ricerca (ad esempio Google Search) si erge un po’ a giudice stabilendo, di volta in volta, quali richieste rifiutare e a quali invece risulta opportuno dare un seguito. Inoltre, paradossalmente, il contenuto non solo può risultare pubblicato sui siti Web (comprese le testate giornalistiche) ma addirittura rimanere nelle SERP (Search Engine Results Pages) per i Paesi extra-UE.
Nel caso in cui il soggetto interessato non fosse soddisfatto del “trattamento” ricevuto in caso di rigetto della richiesta, può sempre rivolgersi alla giustizia ordinaria. In un altro articolo abbiamo fornito alcuni consigli su come cancellare Notizie da Google. Il Garante Privacy ha inoltre stabilito che la richiesta dell’avente titolo deve essere accettata anche se questi non fosse identificabile attraverso le sue generalità ma anche attraverso altri “indizi”, ad esempio la carica ricoperta. Il diritto all’oblio vale insomma anche quando non si parla solo di nomi e cognomi.
LA NUOVA POSIZIONE DI GOOGLE
Adeguandosi alle prescrizioni dei giudici di un tribunale svedese, che vedevano Google confrontarsi con un cittadino che aveva precedentemente provato a far valere le sue ragioni, l’azienda guidata da Sundar Pichai non informerà più i gestori di siti Web fornendo i dettagli sulla rimozione degli URL.
Nella sua decisione di dicembre 2023, il tribunale svedese ha stabilito che informare i webmaster circa la rimozione dalle SERP costituiva una violazione della privacy della persona che aveva presentato la richiesta.
Così, in risposta alla presa di posizione svedese, Google ha dichiarato di essersi allineata, pur avendo espresso il suo dissenso nel merito. Nel corso di 5 anni, da quando il diritto all’oblio è effettivamente diventato in vigore, Google ha ricevuto quasi un milione di richieste di rimozione di link. Sebbene ne abbia respinte più della metà, l’azienda di Mountain View ha comunque rimosso quasi 1,5 milioni di singoli URL dai suoi indici, almeno per quello che riguarda gli Stati membri dell’Unione.
CONCLUSIONE
Va detto che ancora oggi, bastano pochi clic per consultare le versioni “straniere” per accedere alle SERP “non filtrate”. D’altra parte lo stesso Vint Cerf, uno dei padri della rete Internet, già nel 2012 riteneva che il diritto all’oblio fosse qualcosa di irrealizzabile. Diceva che se qualcuno pubblica un libro, questo non può essere facilmente ritirato: nelle librerie di tutto il mondo se ne troverà sempre qualche copia.
In conclusione, il diritto all’oblio è un argomento di grande rilevanza in un’epoca caratterizzata da una diffusione sempre più ampia e veloce di informazioni personali tramite internet e motori di ricerca. La decisione di Google di non informare più i gestori dei siti Web sulla rimozione degli URL solleva diverse questioni sulla trasparenza nell’adempimento delle richieste di diritto all’oblio, ma allo stesso tempo mette in risalto l’importanza e la complessità di trovare un equilibrio tra la privacy individuale e l’accesso pubblico alle informazioni.