LA TRASFORMAZIONE DIGITALE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
La trasformazione digitale della PA offre opportunità inedite per erogare servizi più efficienti e user friendly a cittadini e imprese. Ma oggi il salto da fare non è tanto nell’Hardware o nel Software ma nell’intelligence attraverso cui rendere i dati pubblici fruibili e intellegibili per essere utilizzati in ottica data driven.
L’Italia però sembra essere ancora indietro su questo fronte. Secondo i dati dell’ultimo Digital Government Index (Dgi) dell’Ocse, il nostro Paese è sotto la media per quanto riguarda l’utilizzo di strumenti di business intelligence in grado di leggere, classificare e mettere a valore i dati.
In particolare l’indice che registra la maturità data driven è 0.534, contro un 1 di Corea, 0.833 di Danimarca e 0.598 di Regno Unito. In questo ambito i primi dieci classificati sono Corea, Estonia, Irlanda, Norvegia, Danimarca, Francia, Colombia, Australia, Lituania e Svezia: in tutti questi Paesi, la gestione e l’utilizzo dei dati governativi sono una priorità strategica, che si riflette in sforzi globali per rafforzare la governance dei dati nel settore pubblico e migliorare l’accesso e la condivisione dei dati.
Ma basare le scelte, l’organizzazione del lavoro, l’evoluzione dei progetti e i servizi su un uso consapevole e attento dei dati è qualcosa che la pubblica amministrazione deve fare se vuole vincere la sfida dell’efficienza e della digitalizzazione. E per farlo deve sfruttare la potenza della business intelligence (BI).
LA STRATEGIA DI ISTAT: UN DI MIX BI E AI
In Italia Istat è uno degli enti pubblici che sta utilizzando la business intelligence sia per migliorare la produzione della statistica ufficiale sia per migliorare l’accessibilità e la fruizione dei dati. In tandem appunto con l’uso dell’Intelligenza Artificiale.
Si tratta di tecnologie diverse che, però spesso vanno a braccetto, e possono aiutare la strutturazione di una PA data driven, come spiega Stefania Schipani di Istat.
“Occorre in primo luogo cercare di definire il concetto di Business Intelligence, per evitare di confonderlo, come spesso avviene, con quello di Intelligenza Artificiale – puntualizza Schipani – Genericamente si può dire che la BI si concentra sulla raccolta e analisi descrittiva dei dati storici, con l’obiettivo di comprendere l’andamento dei dati nel corso del tempo per migliorare e supportare le decisioni e renderne più efficiente l’applicazione, principalmente attraverso il coinvolgimento umano. L’analisi di BI genera report, dashboard e insights utili alle decisioni”.
“L’AI, invece, è una Tecnologia informatica che, partendo da dati disponibili e basandosi sull’apprendimento automatico, consente di elaborare modelli di previsione per l’elaborazione di scenari futuri, automatizzando i processi. Fa uso di algoritmi complessi e può essere applicata a molteplici situazioni”.
È dunque evidente che le due modalità vanno “a braccetto” e che l’AI può essere considerata parte della BI. Entrambe perseguono lo stesso obiettivo: favorire attraverso la conoscenza dei dati decisioni migliori, con la differenza che l’IA si caratterizza per i processi di automatizzazione e di autoapprendimento.
“Nonostante gli sviluppi tecnologici immensi degli ultimi decenni, si può dire che l’Intelligenza Artificiale è utilizzata già dagli anni Cinquanta, attraverso l’uso dei computer – conclude Schipani – La sua applicazione si è diffusa in ambito pubblico grazie alla trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione e il crescente approccio data driven che ormai caratterizza tutti i livelli delle PA anche territoriali, sia nazionale che locale”.
Istat sta dunque facendo un uso massiccio della BI e dell’AI sia sulla produzione della statistica ufficiale che sulla migliore accessibilità di fruizione dei dati, con il vantaggio che “l’Istituto può applicare le innovazioni senza mai venir meno al rigore scientifico che lo caratterizza nel controllo della qualità del dato”, spiega Schipani.
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Sul fronte delle amministrazioni locali, il Comune di Parma ha fatto… (continua)