giovedì, Dicembre 19, 2024

Devil May Cry Peak of Combat: recensione del nuovo gioco mobile di Capcom

DEVIL MAY CRY PEAK OF COMBAT: IL NUOVO CAPITOLO MOBILE DELLA SAGA

Il mercato mobile fa gola a tutti e non capita di rado che le grosse aziende provino a colonizzarlo con i loro brand più importanti, un po’ come Blizzard col suo Diablo Immortal. Anche Capcom ha da sempre mostrato grande interesse verso questo mondo, sebbene abbia collezionato una lunga serie di fallimenti tra i quali troviamo la riedizione di Puzzle Fighter e Mega Man X Dive, che è stato riproposto sotto forma di titolo premium su Steam dopo la chiusura dei server.

Capcom è entrata nuovamente nel segmento mobile con Devil May Cry Peak of Combat, che già da tempo è disponibile in territorio cinese e dallo scorso 10 gennaio 2024 ha raggiunto gli store Android e iOS di tutto il mondo. Ovviamente non abbiamo resistito al richiamo di Dante e soci e abbiamo deciso di tornare a massacrare demoni nei loro panni.

UN DMC DIVERSO DAL SOLITO

Prima ancora che qualcuno possa cadere in fraintendimenti, Devil May Cry Peak of Combat è una produzione molto lontana da quello che siamo abituati a vedere su PC e console. Il titolo firmato NebulaJoy riprende la struttura di prodotti come Honkai Impact 3rd e la fonde con l’immaginario a base di demoni e armi folli che i videogiocatori hanno dimostrato di amare nel corso degli anni. Purtroppo, però, il risultato di questo mix è segnato da numerose problematiche che vanno ad inficiare in modo più o meno consistente l’esperienza.

Prima di scendere nel dettaglio, è utile comprendere come funziona il gameplay di Devil May Cry Peak of Combat. Partiamo dall’assenza di un arsenale intercambiabile: qui ogni personaggio può impugnare un solo tipo di arma e l’unico modo per alternare gli strumenti di morte è passare da un membro all’altro dei tre elementi che formano il party.

In sostanza, il Dante “standard” può utilizzare sempre e solo uno spadone e non vi è alcun modo di sfoderare Ebony e Ivory per riempire i demoni di piombo. Chi vuole servirsi di Beowulf, ad esempio, deve sbloccare la versione dell’eroe dalla chioma bianca che impugna quell’arma specifica. Una simile impostazione fa sì che il combat system sia assai limitato e che tutto ruoti intorno alla pressione ripetuta del medesimo tasto per l’attacco con pochissime alternative, rappresentate principalmente da un colpo speciale e dalla classica mossa finale che richiede lunghi tempi d’attesa tra un uso e l’altro. È bene precisare che questo non implica che gli scontri di Peak of Combat non siano divertenti, anzi, ma per ragioni di semplicità e immediatezza (senza contare quelle legate alle microtransazioni) parliamo di un’esperienza ben lontana da quella offerta dai capitoli principali.

PROGRESSIONE LENTA E CONFUSIONARIA

Uno dei più grandi problemi di Devil May Cry Peak of Combat è rappresentato dalla campagna, che delude su tutti i fronti. A renderla frustrante non sono tanto l’intreccio narrativo banale o i personaggi anonimi che si incontrano nei filmati, ma il fatto che vi siano continuamente barriere. Solitamente, in free to play di questo tipo la modalità storia è un contenuto da affrontare senza troppi pensieri per accumulare risorse, ma in Devil May Cry Peak of Combat non è così.

Per qualche ragione a noi sconosciuta, NebulaJoy ha implementato la meccanica dell’energia per ogni singolo scontro nei capitoli della campagna. Se consideriamo la lentezza della ricarica di questa risorsa e il quantitativo richiesto per ciascun segmento delle missioni, il risultato è che le sessioni di gioco sono brevi e ci si ritrova in pochi minuti a dover attendere ore e ore per avanzare ancora un po’.

Se già questo elemento basta ad annoiare il giocatore, a rendere le cose peggiori ci pensa un timer che costringe ad eliminare tutti i demoni con tempistiche abbastanza ristrette. Si tratta a tutti gli effetti di un espediente atto ad impedire agli utenti più abili di affrontare le situazioni con personaggi sottolivellati, poiché in quel caso sarebbe richiesto del tempo extra a causa dello scarso potere offensivo. E ciò ci collega ad un altro tratto discutibile del free to play, ossia il sistema di progressione. Gli sviluppatori hanno cosparso i menu di sistemi per rendere il party più forte e talvolta diventa macchinoso riuscire a gestire tutto.

Abbiamo anche notato uno squilibrio notevole tra gli eroi meno e più rari, poiché in quest’ultimo caso parliamo di personaggi che si potenziano con molta più facilità e diventano quindi essenziali per la progressione. Ottenere risultati similari con i combattenti iniziali non è impossibile ma è molto, molto difficile. Senza gli eroi e le armi adeguate si innesca un meccanismo per cui è arduo progredire nella storia e le attività secondarie risultano utili solo quando si raggiungono le fasi avanzate. Insomma, anche da questo punto di vista l’esperienza lascia parecchio a desiderare.

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